Il battaglione “CIVIDALE” (1909 – 1995)
(sintesi storica)
Nel 1909 il Col. Antonio Cantore costituisce l’8° reggimento alpini su tre battaglioni. Il “Gemona” ed il “Tolmezzo” tratti dal 7° reggimento, ed uno di nuova costituzione, da lui tenacemente voluto per reclutare gli alpini della “ Slavia italiana”: il battaglione “Cividale”!
Lo stesso é costituito su tre compagnie alpini: la 16ª proveniente dal btg. “Dronero”, la 20ª proveniente dal btg. “Saluzzo”, e la 76ª, neo costituita con alpini degli altri due battaglioni.
Dapprima il reparto non ha una sua fisionomia particolare, ma man mano che i congedati vengono sostituiti dalle reclute delle Valli del Natisone, il “Cividale” di nome, diventa “Cividale” di fatto!
Un reparto che porterà sempre l’impronta del suo creatore, Col. Cantore e del suo primo Comandante, il Maggiore Giordana, entrambi Medaglie d’Oro al Valor Militare nella Grande Guerra, caduti sul campo.
Il battaglione non partecipa alla guerra di Libia, ma fornisce molti dei propri alpini per il completamento del “Tolmezzo”.
Nell’estate del 1914 si aggiunse all’Unità una compagnia della Milizia Mobile, la 110ª, che rimase al “Cividale” fino all’aprile del 1916 per poi passare al battaglione “Monte Matajur”.
Il 24 maggio 1915 il “Cividale” è schierato nella zona di Drenchia. Alle 02.00 muove per occupare un tratto di fronte nei pressi di Casoni Solarie. Nei successivi combattimenti di pattuglia, alle ore 04.00, viene colpito l’alpino Riccardo Giusto (16ª compagnia alpini), primo caduto della Grande Guerra. Il 2 giugno il battaglione viene mandato all’attacco del Rudeci Rob nel massiccio del Monte Nero. Lo slancio degli alpini è meraviglioso, ma, quando la vittoria sembra sicura, il cedimento di un altro reparto sulla destra fa si che vengano investiti dal fuoco sul fianco. Sono costretti al ripiegamento. Bilancio della giornata: 300 caduti. Il 6 luglio la 20ª compagnia muove all’attacco del Monte Rosso. Si arriva fino all’assalto alla baionetta, ma viene respinta da forze soverchianti. La compagnia forte in partenza di 300 uomini è ridotta a 40 effettivi con tutti gli Ufficiali feriti. Il battaglione rimane nella zona del medio Isonzo fino all’aprile del 1916, distinguendosi nella conquista del “ trucchetto” del Vodil ed in molti altri episodi di significato di quel conflitto. In questa fase furono assegnate ad alpini del “Cividale” ben 16 Medaglie d’Argento e 13 di Bronzo al Valore Militare.
Nell’aprile del 1916 viene trasferito nella zona dell’Astico, ove rimarrà fino a giugno. Si distingue in particolare nella conquista e successiva difesa del monte Toraro, nella strenua ed eroica difesa del Monte Cimone di Arsiero, che procura al “Cividale” una Medaglia di Bronzo al Valore Militare, e nella difesa di Monte Novegno, che blocca definitivamente l’offensiva nemica. In quest’ultima operazione, tra l’altro, viene colpito a morte il Comandante: il Maggiore Michele Lanfranco. Vengono assegnate ulteriori 2 Medaglie d’Argento e 1 di Bronzo individuali.
Il “Cividale” viene allora dislocato sull’Altopiano di Asiago dove dal 6 al 13 luglio 1916 conduce numerosi attacchi contro le posizioni di malga Pozze al prezzo di ingenti perdite (oltre metà degli effettivi, tra i quali il Comandante della 16ª compagnia, Tenente Attilio Ruffi). Il 22 luglio viene lanciato all’attacco di malga Campigoletti. Per queste operazioni riceve l’encomio dal Generale Porta. Anche in tale circostanza gli vengono assegnate 2 Medaglie d’Argento individuali.
Nel settembre 1916 viene trasferito nella zona delle Alpi di Fassa ove rimarrà per oltre un anno. Qui il “Cividale” presidierà il Monte Busa Alta lasciando sul campo oltre 240 uomini. Per tali eventi, vengono assegnate una Medaglia d’Argento e una Medaglia di Bronzo individuali.
Appena giungono le prime notizie relative ai fatti di Caporetto, gli alpini del “Cividale” chiedono all’unanimità, attraverso il comandante di battaglione, di essere inviati a difendere le loro vallate. La domanda fu elogiata ma per evidenti motivi fu respinta. Il reparto viene inviato invece a creare uno sbarramento nella zona di Col Falcon, Croce d’Aune, Monte Avena per proteggere la ritirata delle truppe provenienti dal settore dolomitico. Con una serie di feroci combattimenti frena le avanguardie nemiche e, assolto il proprio compito, riesce a disimpegnarsi, ultima retroguardia dell’intero settore. La resistenza opposta dal “Cividale” ha dato tempo alle truppe dislocate in Carnia e nel Cadore di completare nella notte del 12 novembre 1917 lo sfilamento per la piana di Feltre. Se il battaglione non avesse così tenacemente resistito, gran parte delle truppe sarebbero state tagliate fuori.
Il battaglione viene allora rischierato sul Monte Grappa, al Monte Fontanasecca, partecipa ai terribili combattimenti di Monte Spinoncia (per i quali viene citato sul bollettino del Comando Supremo), ai due giorni del tremendo assalto al Monte Valderoa (Medaglia d’Oro all’alpino Gianluigi Zucchi di Tradate, classe 1901, volontario per sostituire il fratello caduto sul campo). Si contano ben 822 perdite, tra morti accertati, feriti e dispersi. Le decorazioni individuali 1 Medaglia d’Oro, 19 Medaglie d’Argento, 14 Medaglie di Bronzo!
Nel maggio 1918 il “Cividale” viene dislocato in alta Valcamonica. Combatterà sul Tonale ed effettuerà un attacco al Torrione di Punta Albiolo. A settembre del 1918 rientra nella zona del Grappa. Attacca e conquista i Solaroli, insegue il nemico in ritirata e per primo entra in Seren del Grappa e in Feltre. In queste operazioni perde 213 uomini. L’ulteriore assegnazione di 2 Medaglie d’Argento e di 8 Medaglie di Bronzo individuali, testimoniano la durezza degli scontri.
Finalmente per il “Cividale” la guerra è finita. Non rientra però subito in Friuli, ma viene a lungo impegnato in varie località con compiti di ordine pubblico.
Tra le due guerre, per un breve periodo (1921-25) viene posto alle dipendenze del 9° reggimento alpini, per rientrare in seguito nei ranghi dell’8° reggimento, inquadrato nella Divisione Julia.
Il giorno 11 aprile 1939 il “Cividale” lascia il Friuli, si imbarca a Bari, sbarca a Durazzo per poi raggiungere Kukes, nell’Albania settentrionale, laddove ha stazionato fino all’estate del 1940 per essere poi, in varie riprese, trasferito verso il confine greco. Il 28 ottobre 1940 attacca la Grecia e raggiunge l’abitato di Vovusa, massima penetrazione italiana nel massiccio del Pindo. In seguito al quasi totale accerchiamento della Divisione Julia è costretto a ritirarsi attraverso la vallata dell’Aoos, sostenendo duri scontri nella zona di Pades. Il 17novembre 1940 è in linea nella zona del Ponte di Perati,dove si distinse nella difesa del ponte fino al 22 novembre. Ai primi di dicembre viene fatto arretrare sul Mali Topjanit dove si difese disperatamente fino all’8 gennaio 1941. In seguito ad ulteriore arretramento del sistema difensivo fu costretto a ripiegare combattendo per tutto il mese. Ridotto a 70 uomini, viene ritirato e ricostituito con il personale di complemento. Alla fine di febbraio 1941 entra in linea sul Golico. Il 28 febbraio sostiene un duro combattimento nel quale perde la vita – tra gli altri - il Sottotenente Brunengo, Medaglia Oro al Valore Militare. Dal 15 al 24 marzo conduce una serie di attacchi verso la quota 1143 del Monte Golico, subendo spaventose perdite.
Il 16 aprile 1941 viene fatto scendere dal Golico perché cessano le ostilità con la Grecia. Per il suo comportamento durante la campagna viene insignito di Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Una volta in Italia, nell’aprile del 1942, viene dislocato nella zona di Tricesimo per riorganizzarsi e nel maggio riceve le reclute della classe 1922. Viene costituita una nuova compagnia definita Armi di Accompagnamento, la 115ª, unità già peraltro esistente, ed inquadrata durante la Grande Guerra nel battaglione “Monte Saccarello”, che a lungo aveva combattuto a fianco del “Cividale”. Tra l’8 e il 9 agosto 1942 riprende il movimento: destinazione Russia, dove viene schierato nella zona del Don. L’episodio più significativo di quella campagna avviene tra il 4 ed il 6 gennaio 1943. Un’altura denominata dal Comando tedesco quota Signal (Segnale), insignificante di per se come quota (176 metri), riveste una grande importanza tattica. Persa dal reparto tedesco che la occupava viene riconquistata dal battaglione “Gemona” il 30 dicembre e riconsegnata ai tedeschi. I Russi, valutandone l’importanza, concentrano nuove truppe e ne riprendono il possesso, presidiandola in maniera massiccia. Il “Cividale” riceve l’ordine di riconquistarla. Per tre giorni le compagnie si dissanguano in una serie di attacchi e di azioni difensive dai contrattacchi sovietici. La quota viene conquistata e persa più volte, ma alla fine rimane in mani italiane. I tre giorni di epica lotta hanno provocato perdite spaventose. Le pendici della quota sono letteralmente coperte di corpi esanimi, in gran parte russi. Innumerevoli gli atti di eroismo, basti ricordare le Medaglie d’Oro al Sergente Maggiore Paolino Zucchi, al Cap. Dario Chiaradia e al Sottotenente Carletto Gavoglio. Ma in quel frangente TUTTI furono eroi. Il comando tedesco, ammirato il comportamento del reparto, ribattezza quell’altura “Quota Cividale”. Ma tutto quell’impegno e tutto quel valore furono comunque vani. Dopo pochi giorni infatti, la Divisione Julia riceve l’ordine di ripiegare e anche per il “Cividale” inizia la tremenda odissea, meglio nota nella memoria collettiva nazionale come la “ritirata di Russia”.
Le perdite totali stimate sono di circa 1000 uomini. Rientreranno in Italia solo 255 reduci. Il Comandante interinale del battaglione è un Tenente (Guglielmo De Bellis).
Il battaglione “Cividale” viene insignito della Medaglia d’Oro al Valore Militare.
I superstiti, una volta in Patria, vengono inquadrati nella Compagni Reduci “Cividale” e partecipano ad azioni contro i partigiani Jugoslavi ai confini orientali del Friuli.
In seguito agli avvenimenti dell’8 settembre 1943 il Cividale viene disciolto.
Ricostituito nel 1948, la sua sede rimane a Cividale del Friuli fino al 1963, quando si trasferisce in una nuova caserma a Chiusaforte. Nel terremoto del 1976, il battaglione, benché direttamente colpito dal sisma, interviene immediatamente in soccorso alle popolazioni di Chiusaforte e dei paesi circostanti, meritandosi, oltre alla riconoscenza ed alla stima della popolazione, la Medaglia d’Argento al Valore dell’Esercito.
Nel 1980 partecipa alle operazioni di soccorso alle popolazioni dell’Irpinia e della Lucania colpite dal terremoto.
Nel 1992 viene inquadrato come unico battaglione nel neo costituito 15° reggimento alpini e partecipa alle operazioni “Testuggine” (sicurezza dei confini orientali) e “Vespri Siciliani” (sicurezza in Sicilia).
Nel 1994 partecipa alle operazione di Peace Keeping in Mozambico (operazione Albatros), meritandosi una Croce d’Oro al Merito dell’Esercito.
In una grigia giornata d’autunno, 15 novembre 1995, in virtù di uno dei tanti provvedimenti di riordino della Forza Armata, il battaglione alpini “Cividale” viene soppresso. La sua pluridecorata Bandiera di Guerra viene scortata a Roma ove tuttora si trova, custodita presso il Museo delle Bandiere del Vittoriano.
FUARCE CIVIDÂT